Osteopatia Ricerca osteopatica
L’esercizio fisico come approccio progressivo individuale all’interno di un piano di trattamento osteopatico
Nell’ambito delle terapie manuali ed in particolar modo in quello osteopatico, si è spesso osservata la necessità di superare approcci passivi per il paziente, attraverso attività sociali, occupazionali e ricreative, così da poter fornire una cura permanente nella correzione dei fattori posturali, strutturali, biomeccanici, così come per supportare condizioni di sovraccarico neurologico-metabolico-energetico-comportamentale.
L’approccio osteopatico ha lo scopo di identificare i processi che sottostanno le condizioni generali dei pazienti, ciò permette di fornire stimoli per la gestione e la cura che supportano ed assistono la persona anche agevolando il cambiamento di comportamenti del suo stile di vita. Un esempio pratico di avvicinamento al processo è sicuramente rappresentato dall’esercizio fisico. A tal proposito, in ambito osteopatico sono descritti esercizi peculiari indirizzati alla prevenzione della recidiva di disfunzioni somatiche muscolo-scheletriche, oltre che viscerale; sono inoltre descritti esercizi globali volti alla gestione della vitalità e della forma fisica individuale.
Per esempio uno dei training per la salute globale si può trovare grazie all’analisi dei movimenti chiave nello schema del passo dell’uomo: inclinazioni, rotazioni, flessioni ed estensioni ed infine movimenti accoppiati per formare un unico movimento, la torsione della colonna.
Nel costrutto descritto dall’osteopata Beach viene inoltre data enfasi all’opposto del movimento, la statica. La modalità con la quale si sta seduti è considerato come il fattore più importante della statica, quindi la base da cui si genera un buon movimento. Le posture archetipali (PA) sono un modo di auto-sintonizzazione per tutto il sistema muscolo scheletrico. Vengono quindi descritte le differenti modalità di sedersi e di rialzarsi che minimizzano le possibilità di riportare disfunzioni muscolo-scheletriche. Quindi, stando seduti sul pavimento nelle diverse PA dai 3 ai 15 minuti, i tessuti cominciano a scivolare gli uni sugli altri, ristabilendo le fondamentali relazioni tra i diversi compartimenti muscolari e favorendo un’azione di “reset” del tono miofasciale di base. Questi principi, descritti Beach, sono oggi integrati nella pratica quotidiana di differenti bodyworker, e in ambito osteopatico sono utilizzati in modo peculiare, oltre che per la gestione continuativa della persona, anche come procedura valutativa all’interno del processo decisionale osteopatico.
L’osteopata valuta la prontezza del paziente nell’eseguire le PA (Figura 1. Esempio di postura archetipale – high kneel), considerando la capacità di mantenerle in modo agevole un fattore associato alla buona capacità adattativa individuale. Qualora il paziente nel mantenere le PA provi dolore e discomfort, e l’osteopata rilevi altri indicatori di scarsa capacità adattativa, selezionerà in modo prioritario approcci massimalisti e tecniche sistemiche di bilanciamento delle funzioni autoregolatorie.
Le differenti tipologie di esercizi, descritti negli anni da osteopati del calibro di Greenmann, Fulford, Brazzo, per ottimizzare un piano di trattamento individualizzato, potrebbe essere oggi rinnovata incorporando l’intero corpus di conoscenze contemporanee sull’esercizio in ambito terapeutico e di promozione della salute. Gli esercizi osteopatici per il management della persona, così come il trattamento, sono utilizzati durante la presa in carico del paziente:
- per motivarlo ad intraprendere un’attività fisica con un professionista dell’esercizio;
- in associazione agli approcci minimalisti, per la gestione degli adattamenti locali, ovvero le disfunzioni somatiche muscolo-scheletrico-viscerali (Figura 2. Esempio di automobilizzazione del quadrante addominale mesogastrico);
- in associazione agli approcci massimalisti, per gestione della sindrome di adattamento generale, il trattamento di schema di compenso fasciale e compartimenti fasciali (Figura 3. Esempio di automobilizzazione della fascia appendicolare).
Sappiamo oggi che l’applicazione di un corretto esercizio può indurre un’organizzazione dell’architettura tessutale, favorendo un aumento della connettività fasciale, quando queste caratteristiche sono alterate. Consigli in tal senso potrebbero essere un valido ausilio al trattamento osteopatico finalizzato a supportare sovraccarichi biomeccanico-posturali correlati ad alterazioni del “human resting myofascial tone”.
Dal 12 al 14 gennaio 2018 si terrà a Roma il corso dal titolo “Ragionamento clinico osteopatico: trattamento salutogenico ed approcci progressivi individuali basati sui cinque modelli struttura/funzione”.
Clicca qui per maggiori informazioni.