Quando ho conosciuto Maurice, 23 anni io e lui poco più di 40, aveva appena ultimato i suoi studi da osteopata ed era già un acerbo ma valente insegnante.
Insieme a lui ho fatto un lungo percorso di vita, quasi 30 anni di crescita umana e professionale. Tutti quelli che l’hanno incrociato conoscevano il suo carisma, la sua energia, la sua tenacia, la sua autorità. La sua eleganza. Maurice era semplice; umile, ma con fermezza. Con autorità. Era ostinato e risoluto come pochi e riuscivi raramente a fargli cambiare idea; talvolta ci si riusciva, ci sono riuscito anch’io, anche recentemente. Molte volte no. Maurice era rispettoso, dei pazienti prima di tutto. Era rispettoso degli allievi, sferzandoli se necessario; rispettoso dei colleghi, coinvolgendoli prepotentemente. Era rispettoso di tutte le professioni sanitarie, ma si faceva rispettare. Era rispettoso perché sapeva ascoltare. Riusciva a far sentire chiunque al centro dell’attenzione, non solo la sua, ma di tutti. Ma la cosa più potente, quella che mi ha sempre stupito di più, era la sua passione inossidabile nel tempo.

Maurice era un appassionato del suo lavoro di osteopata ma lo era ancora di più dell’insegnamento. Primo ad arrivare ed ultimo ad uscire dalla scuola. Trasmetteva nelle lezioni un entusiasmo contagioso; anche in quelle che faceva da 30 anni, anche in quelle al primo anno su argomenti da ultimo degli assistenti. Maurice è il padre di un’osteopatia semplice ma profonda, coerente, consapevole e raffinata. Un’osteopatia che entra nelle mani e dalle mani esce in maniera dolce, vigorosa, rispettosa, potente. E dalle mani si diffonde in maniera virulenta, contagiosa, contagiossima per entrare nei pazienti e nelle mani degli allievi. Una malattia buona, che non nuoce, che entra in altre mani e dalle stesse fuoriesce in maniera dolce, vigorosa, rispettosa, potente. Una osteopatia che ha i suoi cardini ma anche mille sfaccettature: l’osteopatia di ciascuno di noi, molteplice e pure unica. Un’osteopatia senza fronzoli ma senza scorciatoie. Senza classifiche, senza capiclasse, senza srutturalisti, senza “craniosacralisti”, senza usurpatori o vati di turno. La casa di tutti gli osteopati, che si costruisce dalle fondamenta e non dal tetto, dove ciascuno ha la sua camera nella quale, se il pavimento è solido e le pareti stabili, può decidere il colore delle pareti e l’arredamento. Senza permettere a nessuno di farlo in sua vece.
Fate anche di voi degli osteopati semplici, rispettosi, appassionati e liberi.

Domenica scorsa in una fredda ma limpida giornata invernale, in Provenza, ho parlato con Maurice per un paio d’ore e gli ho sussurrato il mio grande dolore, il vuoto incolmabile che ho dentro, la mia immensa tristezza, il mio smarrimento, la gioia di averlo incontrato, l’eterna gratitudine … e poi l’ho salutato.  Per l’ultima volta.



Mauro Longobardi

Sabato 17 gennaio alle ore 11,30 si terrà a Roma una messa di commemorazione nella Chiesa dei Sacri Cuori di Gesù e Maria di Via Magliano Sabina, 33 (nei pressi della scuola CERDO).